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OPERAZIONI INTERNAZIONALI DI PACE DELL’UNIONE EUROPEA: IL PARLAMENTO EUROPEO PUBBLICA LA RICERCA COORDINATA DALLA SCUOLA SANT’ANNA SUL PERSONALE IMPEGNATO IN MISSIONE

Data pubblicazione: 27.03.2017
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Sono stati pubblicati dal Parlamento Europeo i risultati della ricerca sul personale civile e militare impegnato nelle operazioni di pace, “Civilian and Military personnel of CSDP missions and operations”, commissionata dal Policy Department dello stesso Parlamento Europeo e condotta sotto la supervisione scientifica di Andrea de Guttry, docente di diritto internazionale e direttore dell’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica,Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Durante una sessione della Commissione Sicurezza e Difesa del Parlamento Europeo a Bruxelles, a gennaio 2017, ne erano stati presentati gli aspetti principali da un team di ricercatori composto daAlberto di Martino, docente di diritto penale, Annalisa Creta, assegnista di ricerca in diritto internazionale, Mark Nemedi, allievo perfezionando, tutti dell’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica,Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna; da Petteri Taitto della Laurea University di Helsinki. L’indagine ha evidenziato aree problematiche, lezioni e prospettive su tre aspetti fondamentali che riguardano il personale impegnato delle missioni internazionali di pace dell’Unione Europea, esaminando aspetti come il reclutamento e la formazione del personale in missione, i seguiti dati a livello statale ai reati commessi dal personale impiegato in tali operazioni.

“Si tratta di un importante evento – come sottolinea Andrea de Guttry – perché la ricerca contribuisce alla raccolta e all’analisi di buone pratiche, al ‘policy development’ attraverso l’individuazione di una serie di criticità e la formulazione di proposte finalizzate allo sviluppo di un processo armonizzato, condiviso ed efficace di generazione delle forze. Non può che farci onore il fatto che, ancora una volta, il Parlamento Europeo si avvalga dell’expertise della Scuola Superiore Sant’Anna su questioni così delicate e ’sensitive’ che vertono sul personale che l’Unione europea e i suoi stati membri dispiegano in teatri spesso ostili per riportare stabilità e pace”.

Migliorare la qualità del personale, incentivare e premiare chi va in missione, potenziare il legame fra formazione e reclutamento, avere contratti uniformi per il personale dispiegato, e aumentare la comunicazione fra istituzioni sui procedimenti giudiziari contro chi commette reati mentre si trova in missione. Secondo la ricerca sono alcuni dei punti principali sui quali Stati membri e Unione Europea devono lavorare per migliorare la qualità delle missioni svolte nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc). “Esiste un problema di comunicazione fra l'Unione Europea e gli Stati membri su come vengono perseguiti i reati commessi durante le missioni', ma anche 'una problematica relativa al reperimento delle prove dei reati stessi, spesso commessi in zone difficili del mondo”', come ha sottolineato Alberto Di Martino, durante la presentazione a Bruxelles. Attualmente le missioni Ue sono 16 e coinvolgono circa 7mila persone: 10 sono le missioni civili (2.500 persone), 6 quelle militari (4.500). “Nonostante alcuni progressi, le procedure per la selezione e il dispiegamento del personale restano lente e complicate”, ha aggiunto in quell’occasione Annalisa Creta. “In questo senso, per l'Italia è molto importante l'entrata in vigore il 31 dicembre 2016 delle disposizioni sulla partecipazione alle missioni internazionali, perché permette di guardare più al lungo periodo”. Dal 2003 al 2015, l’Italia ha inviato circa mille persone in missioni Psdc fra civili e militari, e ha oggi 50 civili dispiegati sul campo.

I risultati e il paper del Parlamento Europeo sono disponibili qui.